"Non ce la puoi fare, adesso cadi" : insicurezza mentale in arrampicata
Avete presente quando state arrampicando una via al vostro limite, arrivate al passo duro e puntualmente cadete? come se sapeste di "non meritarvi" di passare.
Oppure....superate il tratto difficile, la catena è ormai vicina e nonostante questo fate un errore (spesso madornale) e cadete?
O anche....rimanete a terra, con lo sguardo verso l'alto osservando la linea che tanto vi piace, ma non vi sentite all'altezza e non ci provate nemmeno.
Io la chiamo la "vocina" che ti sussurra nell'orecchio, anzi....ti rimbomba in testa e ti dice puntualmente "non ce la farai, adesso cadi".
Episodi come questi, di auto sabotaggio, personalmente mi accadono spesso.
In senso lato, questa tendenza è presente anche nella vita di tutti i giorni, ad esempio nei rapporti lavorativi, con colleghi o con i datori. In arrampicata l'aspetto mentale conta forse il 90% della performance e credo che ognuno di noi, almeno una volta si sia trovato faccia a faccia con questo "piccolo mostro" inquilino della nostra mente.
L'aspetto fondamentale da tenere presente è che in ogni caso siamo noi che ci stiamo auto- sabotando! Non è un atteggiamento da attribuire a chi ci sta intorno, che certamente può in qualche modo influire nel nostro stato d'animo, ma indubbiamente l'ultima parola rimane sempre la nostra.
Ci sono vie che non sono mai riuscita a chiudere, perché ad un certo punto quella maledetta vocina era cosi potente nella mia testa, da prendere il sopravvento e costringermi ad aprire le mani e cadere.
Itinerari davvero belli e alla mia portata, che semplicemente un giorno ho deciso di abbandonare.
A me personalmente accade proprio nei tiri che mi sono più congeniali, che benché al mio limite, riesco a capire subito e che potrei potenzialmente "chiudere" in poco tempo.
Spesso questo non avviene però....
Che cosa possiamo fare per tenere a bada questa tendenza?
Negli anni ho capito che l'arrampicata è davvero tante cose: è aria aperta, ma anche palestra, è amicizia ma anche competizione (poca per fortuna) è staccare dalla vita di tutti i giorni per godere di una attività sostanzialmente sana.
Andando ad esaminare il gesto arrampicatorio, io lo definirei un insieme di problem solving, che nell'indoor è assai presente e esaltato da prese colorate e movimenti obbligati.
Una soluzione che ho trovato davvero efficace è stata concentrarmi sul qui ed ora, sul gestire movimento per movimento, senza pensare alla via nella sua interezza. questo mi permette di gestire un "problema" alla volta evitando di farmi deconcentrare da un obiettivo troppo grande come il raggiungimento della catena.
Attuare questo tipo di "strategia" mentale se non altro mi permette di scalare con maggiore serenità e leggerezza, specialmente nei tiri di svariati metri di lunghezza (che io amo tanto ma che mentalmente forse sono più impegnativi)
Avete mai provato questa sensazione? cosa ne pensate?
quale è la vostra personale strategia per evitare l'autosabotaggio nella vita di tutti i giorni e in arrampicata?
Se hai piacere di postare un commento con la tua opinione ed esperienza, io sarò felice e ti ringrazio in partenza.
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